Uno studio condotto dall’Università di Melbourne, l’Università Nazionale Australiana ed il Centro di Ricerche sulla Salute mentale ha concluso che l’uso della marijuana a lungo termine non è associato a un danno cognitivo.
Un campione di 2404 giovani di età compresa tra i 20 ed i 24 anni sono stati sottoposti ad una sperimentazione durata otto anni finalizzata a valutare un possibile danno cognitivo conseguente all’assunzione di cannabis. Il campione, l’82% del quale è riuscito a concludere con successo la sperimentazione, è stato suddiviso, in tre ondate successive, in sei classi di assuntori aventi le seguenti caratteristiche:
– “never”, 420 soggetti che non avevano mai assunto cannabis
– “remain light”, 71 soggetti che hanno mantenuto un basso consumo
– “former light”, 230 soggetti che in precedenza attuavano un basso consumo
– “remain heavy”, 60 soggetti che hanno mantenuto un alto consumo
– “former heavy”, 60 soggetti che in precedenza attuavano un alto consumo
– “always former”, 670 ex assuntori di cannabis
Va precisato che il consumo “heavy” è stato definito con una frequenza di utilizzo di cannabis pari ad una o più assunzioni di una dose media alla settimana.
Il campione è stato sottoposto a differenti test per la misurazione delle prestazioni cognitive quali il California Verbal Learning Test (CVLT, nelle varianti immediato e ritardato), un test sulla memoria verbale, lo Spot The Word (STW), un test che fornisce un metodo di stima dell’intelligenza premorbosa, il Symbol Digit Modality Test (SDMT) e il Digit Backwards (DB) che forniscono una stima della componente attentiva necessaria.
Le conclusioni sono state che la cessazione del consumo di cannabis sembra essere associata ad un miglioramento nella capacità di ricordare le informazioni appena apprese (memoria a breve termine). Ciò fa desumere che non esistano danni permanenti, piuttosto problemi legati al periodo in cui si consuma. Non è stata evidenziata alcuna correlazione con le altre performance cognitive.