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Sul blitz del 18 Agosto al Gabrio…

img_0167Dopo il blitz del 18 Agosto al Gabrio, che ha portato al sequestro di alcune piante di cannabis e alla denuncia di due compagni al momento presenti all’interno del centro, sono necessarie alcune riflessioni.

L’autoproduzione è un percorso politico che pratichiamo e rivendichiamo da più di 16 anni allo scopo di superare l’ipocrisia del modello proibizionista vigente che da un lato criminalizza le sostanze non facendo educazione e prevenzione, e dall’altro permette a organizzazioni criminali di venderle, contribuendo a far crescere il mostro del narcotraffico. Se oggi siamo uno dei Paesi del mondo dove la percezione di corruzione è tra le più alte, lo dobbiamo anche alla presenza nel nostro territorio di solidi cartelli che dallo spaccio di droghe ricavano quella liquidità a loro necessaria per comprare amministratori e dipendenti pubblici compiacenti.. Quelle stesse mafie che infiltrandosi poi tra appalti e progetti lucrano su disgrazie ed emergenze dirottando nelle proprie casse ingenti quantità di denaro pubblico. Nonostante i cospicui investimenti fatti per contrastare il fenomeno, si parla di circa 1,5 miliardi di euro ogni anno, il mercato nero delle sostanze sembra più florido che mai con sempre più droghe sconosciute e pericolose che inondano le piazze di vendita: i dati esposti nell’ultimo libro bianco sulle droghe  confermano anche quest’anno la tendenza che con l’attuale legislazione ad andare in galera siano di fatto assuntori e piccoli spacciatori, principalmente di cannabis in quanto sostanza il cui uso è prevalente. Ed effettivamente ogni anno appena arriva l’estate scatta l’assurda caccia alle streghe nei confronti di chi si cimenta nella per altro non difficile e ormai diffusa pratica della coltivazione di cannabis. E visto che tale pratica, nei secoli appannaggio dell’umanità, è oggi considerata reato penale in quanto, a detta del legislatore, in grado di aumentare le scorte di sostanze stupefacenti presenti sul territorio, si finisce nella rete proibizionista e senza una valida difesa si rischia una condanna fino a 6 anni di carcere indipendentemente dal fatto che la condotta possa essere finalizzata al lucro piuttosto che all’uso personale. In questo panorama, ed anche in peggiori nel passato in cui la Fini/Giovanardi prevedeva fino a 20 anni di carcere, decidere di coltivare cannabis in condivisione e no profit è stata per noi una provocazione che rappresentava un tentativo di sottrarsi a questo ricatto proibizionista: le feste del raccolto e della semina sono in quartiere momenti liberati, dove al mercato e alle piazze di spaccio si sostituisce la condivisione e l’autoproduzione, modelli che negli anni abbiamo sempre rivendicato come possibili alternative nonostante l’indifferenza di buona parte della politica. Continue reading


Quinto Libro Bianco Fini-Giovanardi

Quinto libro bianco fini-giovanardi

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Forze dell’ordine che implementano un modello puramente repressivo a fronte di reati di lieve entità. Aumento delle carcerazioni per reati di droga e passaggio obbligatorio dal carcere anche nel caso di misure alternative. Una crociata anti-cannabis sempre più palese e un evidente tentativo di punire stili di vita ritenuti devianti. Una mole assurda di denaro destinato ai controlli e strappato ai programmi di prevenzione, a fronte di risultati nei test su strada e sul lavoro che smentiscono la pandemia propagandata dal DPA. Rifiuto della riduzione del danno, a partire dal lessico. Questo, in sintesi, il risultato dell’indagine condotta da Forum Droghe, CNCA, Antigone e Società della Ragione e giunta alla sua quinta edizione, che mostra i danni provocati da sette anni di applicazione della Fini-Giovanardi.

Quando si rompe un vaso rimangono i cocci, così, quando una legge viene definita illegale, come nel caso della Fini-Giovanardi, si possono seguire due strade: l’una, tentando di riattaccare i cocci come la ministra Lorenzin ha provato a fare col suo decreto, senza peraltro riuscirvi; l’altra spazzando via i cocci, cosa difficile da fare e che richiede ancor più perizia.
Già, perché in questo caso, i cocci sono la metafora di quell’ideologia che ha generato inutili e dannose logiche securitarie attuate con i controlli, repressione e carcerazioni. Operazione ardua perché le energie che le hanno generate sono tutt’altro che finite e perché lungo questi sette anni, molti hanno aderito a un impianto costruito col riduzionismo e le mistificazioni scientifiche.

Ingressi in carcere
A partire da chi la legge la deve far rispettare e che sempre più si è sentito legittimato nella pratica della caccia alle persone che usano sostanze. L’assurdo, poi, sta nel fatto che mai l’uso di sostanze illegali ha rappresentato un reato, nemmeno quando era in vigore la Fini-Giovanardi. Eppure, il carcere, ancora rappresenta una risposta per chi ha problemi di dipendenza.
Lo stigma, nei confronti di chi usa sostanze, non è solo aumentato ma convenientemente alimentato, generando comportamenti che in un numero di casi assolutamente inaccettabile hanno portato alla morte violenta di coloro i quali erano stati fermati e arrestati.

Si arriva a capire quanta perizia sia necessaria per un reale cambiamento proprio quando ci si accorge del contenuto del vaso, formato di tutte quelle persone la cui esistenza è stata variamente fatta a pezzettini da una legge illegale. Alcuni – lo abbiamo detto – non ci sono più, per gli altri non è per nulla semplice, tantomeno per quelli che riusciranno a uscire dal carcere.
Art 73 e 74Apprendiamo – una conferma – dell’aumento di persone segnalate, soprattutto e sempre più per l’uso di cannabis. Una droga che compromette il cervello in modo permanente – che, se fosse vero – il DPA dovrebbe perlomeno essere una fumeria. E invece, niente! Né Serpelloni né Giovanardi pare ne hanno mai fatto uso: questo già basterebbe a scagionare chi invece sceglie di farne. Non basta, quasi la metà delle denunce per violazione all’art. 73 è per cannabis.

La preoccupazione più grande, oltre a non avere ancora una moderna legge sulle droghe al passo con le evidenze scientifiche, che dia il giusto peso all’efficacia dimostrata dalla riduzione del danno e sia realmente orientata alla depenalizzazione, riguarda la necessità, ormai improrogabile, di un cambiamento culturale. Lo sviluppo, cioè, di una riflessione collettiva sul peso che ha l’adozione settennale di leggi illegali e l’importanza, su tutto, della vita e delle scelte delle persone rispetto a norme ideologiche davvero poco distanti da quell’approccio pseudo-religioso col quale furono condotte le antiche crociate.


Carta dei diritti delle persone che usano sostanze – Genova 2014

Carta dei DirittiScarica il pdf

Siamo persone che usano o hanno usato sostanze; persone prima di tutto, dotate di dignità e del diritto a condurre un’esistenza libera nelle comunità cui apparteniamo e nel mondo intero.

Siamo persone, che usano sostanze perché riteniamo ciò una scelta, possibile e insindacabile nel rispetto del valore della persona umana.

Noi conduciamo un’esistenza fatta di relazioni e affetti, impegnata sotto il profilo professionale e civico, ma minacciata da norme che tendono a punirci come criminali.

Siamo persone che hanno visto e rischiano di vedere calpestata la propria dignità a causa dello stigma e del pregiudizio.

Siamo persone che hanno subito crimini in nome di una “guerra alla droga” il cui fallimento è palese a livello mondiale. Guerra alla droga che in realtà è una guerra alle persone che ne fanno uso.

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La maggioranza degli americani è favorevole alla legalizzazione della Marijuana

Legalizzazione 1969-2013Fonte: Pew Research Center

Per la prima volta in più di quattro decenni di sondaggi sulla questione, la maggioranza degli americani è favorevole alla legalizzazione dell’uso di marijuana. Un sondaggio nazionale rileva che il 52% afferma che l’uso di marijuana dovrebbe essere legale mentre si pronuncia contro il 45%.

Il supporto alla legalizzazione della marijuana è aumentato di 11 punti dal 2010. Il cambiamento è ancora più radicale se rapportato alla fine degli anni ’60: un sondaggio Gallup nel 1969 aveva rilevato che solo il 12% fosse a favore della legalizzazione dell’uso di marijuana, mentre l’84% ne era contrario.

4 aprile 2013 – Il sondaggio del Pew Research Center, condotto tra il 13 ed il 17 Marzo coinvolgendo 1.501 adulti, rileva come i giovani siano i più favorevoli alla legalizzazione della marijuana. Il 65% dei Millennials – i nati dal 1980 a oggi, avente quindi tra i 18 ei 32 anni – sono a favore della legalizzazione dell’uso di marijuana; erano solo il 36% nel 2008. C’è stato però un notevole cambiamento nell’atteggiamento sul lungo periodo anche tra le vecchie generazioni, in particolare i Baby Boomers, persone nate dal 1946 al 1964 e aventi tra i 43 e i 66 anni. Continue reading


Cannabis e i suoi derivati: la verità documentata, non la demagogia

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“CANNABIS E SUOI DERIVATI: alcuni elementi di chiarezza su danni alla salute, l’uso medico dei farmacia base di THC, la coltivazione domestica e l’uso voluttuario”

Recita così il titolo dello statement proposto a metà luglio dal dipartimento per le politiche antidroga, nuova appendice di quella mastodontica opera di disinformazione presentata a gennaio dello scorso anno dal titolo eloquente “Cannabis e danni alla salute”. Sul chiaro intento del Dpa nel propugnare l’opera (nonché “manuale” per gli operatori del settore) non vi sono dubbi. Le motivazioni sono sempre le stesse da quando il governo Berlusconi ha riesumato il dipartimento affidandolo a quella mole di scienza del Sen. Giovanardi: dimostrare che la cannabis è una droga pericolosa al pari delle altre, come del resto già recitava l’attuale normativa sulle sostanze che porta proprio il suo nome. In matematica e in ambito scientifico in generale, un teorema o una nuova teoria segue la relativa dimostrazione, non il contrario e questo già basterebbe a mettere in discussione le tesi proposte dal dipartimento. Ma l’ambito dei consumi, problematici e non, è un campo di studi multidisciplinare e anche dimostrando che una sostanza può creare dei danni alla salute non si esauriscono i percorsi d’indagine nè ciò è sufficiente a giustificarne il bando tantomeno la persecuzione nei confronti di chi ne fa uso. Ma le informazioni che il Dpa dispensa sulla cannabis, imperativi raccolti in un elenco quasi fossero verità incontrovertibili in quanto frutto di scoperte neuroscientifiche, vengono a loro volta smentiti da altre ricerche di altrettanto valore scientifico. E’ un po’ questo il lavoro che l’ass. Pazienti impazienti Cannabis, a lungo impegnata nel riconoscimento del valore terapeutico della cannabis, conduce nel redigere questo contro-statement. Mossi dalla logica del buonsenso e dall’evidenza scientifica, ma anche dalla difesa del diritto alla cura e alla salute, evidenziano contraddizioni e falsità non soltanto delle affermazioni circa l’uso terapeutico della sostanza ma ampliano la panoramica anche su quelle relative ai presunti danni derivanti da un uso ludico. E’ proprio la valenza terapeutica della cannabis a far paura al dipartimento, saperi e proprietà conosciuti da millenni, oggi rivalutati ed ampliati da serie scoperte scientifiche che con cocciuta faziosità vorrebbero essere demolite. Il contro-statement è un lavoro prezioso, presentato in maniera “umile” come quando nel far riferimento alle ricerche scientifiche si ribadisce quanto in realtà siano facilmente rintracciabili da chiunque,  coerente e deciso, contrapposto a quell’arroganza che purtroppo è propria del dipartimento per le politiche antidroga.


Alternative World Drug Report

In concomitanza con l’uscita del rapporto mondiale dell’Onu sulla droga, la campagna Count the Cost ribatte con un rapporto mondiale sulla droga alternativo che espone una valutazione dei costi e dei danni prodotti dalla war on drug.

Abbiamo tentato una traduzione dell’executive summary del rapporto nella convinzione che la divulgazione di un punto di vista rispettoso dei diritti civili, delle persone coinvolte nel traffico di sostanze e dei consumatori,  sia una strada da percorrere per denunciare le mistificazioni e i danni prodotti dall’adozione di un atteggiamento meramente repressivo, nonché sensibilizzare sulla necessità di cambiare rotta. Molte delle considerazioni presentate nel rapporto non possono che far eco all’attuale situazione italiana, con buona pace della nostrana istituzione antidroga. Il castello di false certezze costruito intorno al consumo di sostanze dal dipartimento delle politiche antidroga non cederà nemmeno di fronte a questa ennesima autorevole presa di posizione ma la poca credibilità di cui ancora gode sarà nuovamente ed inesorabilmente erosa.


Terzo Libro Bianco sulla Fini Giovanardi

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Presentato a Roma il 3° libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi sulle droghe curato da Antigone, CNCA, Forum Droghe e Società della Ragione, con l’adesione di Magistratura Democratica, Unione Camere Penali. Secondo il rapporto l’impatto carcerario della legge antidroga è la principale causa del sovraffollamento negli istituti di pena italiani mentre all’aumento della carcerazione e delle sanzioni amministrative corrisponde un abbattimento dei programmi terapeutici.

 

L’impatto della legge antidroga sul carcere.
Aumentano gli ingressi in carcere per droga in rapporto al totale degli ingressi, dal 28% del 2006 al 33,15% del 2011 (25.390 su 90.714 e 22.677 su 68.411). Aumentano le denunce, specie per l’art. 73 (detenzione illecita a fini di spaccio), da 29.724 nel 2006 a 33.686 nel 2011 (di queste 14.680 sono per cannabis, pari al 41%, di cui 8.535 per hashish, 5.211 per marijuana, 1.416 per coltivazione di piante); gli arrestati corrispondono a 28.552, mentre nel 2006 erano 25.730. Le operazioni di polizia sono state 21.116 e i sequestri danno un aumento del 54,19% per la marijuana e del 29,43% dell’hashish e un meno 45,97 per l’eroina. Nel 2011 vi è stata una esplosione di sequestri di piante di canapa (563.198!). Continue reading


Secondo libro bianco sulla Fini-Giovanardi

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A cinque anni dall’approvazione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, i promotori dell’iniziativa presentano un rapporto – ricco di dati, in parte inediti – sulle conseguenze che questa legge ha avuto sul sistema della giustizia e sul carcere italiani. Di seguito, le parti salienti in sintesi. Continue reading


Ricerca sull’applicazione in Italia dell’art.75 legge 309/90

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La modifica del testo unico in materia di sostanze stupefacenti, operata nel 2006 con la legge 49, postula una sostanziale equiparazione delle sostanze che, pertanto, vengono inserite in un’unica tabella assegnando ad esse un presunto effetto simile sia a livello psichico che fisico, in modo indistinto, e cioè che non tiene conto di variabili determinanti quali possono essere : uso, abuso, dipendenza, soggettività dell’individuo, contesto ed età degli utilizzatori. Va da sé come tale scelta risulti conseguenza di quella enfasi bio-riduzionista che considera tale questione mediante il ricorso quasi esclusivo agli approcci tematici delle neuroscienze, permeata di una forte ideologia e assolutamente contrapposta ad un approccio pragmatico fondato sulla riduzione del danno e dei rischi. Questi criteri, al contrario, rifiutano una connotazione ideologica in virtù del fatto che sono alla base dei programmi terapeutici attivi in molti paesi non solo europei e a prescindere dal colore politico della maggioranza che li governa; edificano il loro fondamento su un’etica condivisa del lavoro sociale che mette al centro il soggetto privilegiando l’azione di cura e reinserimento ed assicurando un’esistenza quanto più dignitosa possibile anche durante periodi prolungati di dipendenza cronica o acuta. Tale concezione si contrappone ad una visione di parte basata unicamente su postulati disfunzionali carichi di contraddizioni, i quali, implicitamente, indirizzano a rifiutare e punire comportamenti che non si basano sull’astensione dall’uso e da cui discende l’imperativo morale a sanzionare condotte differenti. Continue reading


Rapporto della Commissione globale per le politiche sulle droghe

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Il 2 giugno è uscito il Rapporto della Commissione Globale per le politiche sulle droghe che iniziava la dura recriminazione contro le passate ma purtroppo ancora attuali politiche di repressione con la frase: “La guerra globale alla droga è fallita“. Nel rapporto si passa poi a ribadire la centralità delle politiche di riduzione del danno, aprendo ad esperienze di regolamentazione legale del mercato delle droghe. La Commissione è formata da una serie di intellettuali, ex capi di stato, attivisti, finanzieri e membri delle Nazioni Unite tra i quali l’ ex segretario generale Kofi Annan. Accanto vari consulenti esperti in materia di droghe. Il rimedio suggerito agli stati nazionali prevede di operare in modo da sostituire le odierne politiche di repressione che colpiscono milioni di persone al mondo senza minimamente scalfire il traffico internazionale di droga e che, al contrario, amplificano i danni alle società dei paesi coinvolti, con un approccio rispettoso dei diritti umani e della salute degli individui e della collettività. L’attuazione di tutto ciò è resa possibile attraverso la proposizione di quattro principi base: Continue reading