Sono passati nove anni da quando, nell’Aprile del 2003, andammo in tantissime/i dall’Italia, dal resto d’Europa e del mondo a Vienna in occasione della 40° Conferenza Internazionale dell’Onu sulle droghe. In quei giorni l’ipocrisia proibizionista toccava il culmine: senza crepe e senza nessun ragionevole dubbio nutriva i programmi elettorali delle destre, anche di quelle nostrane.
Mentre noi accerchiavamo il palazzo l’allora ministro degli esteri Gianfranco Fini era presente per annunciare il varo di quell’infame legge che tre anni dopo verrà approvata grazie al sostegno del diversamente intelligente Giovanardi. Con il ricorso al decretamento d’urgenza ci si è opportunamente adoperati per privarla di un doveroso dibattito politico, inserendola tra le norme securitarie in occasione delle olimpiadi invernali di Torino: un paradossale scenario in cui la “neve” necessaria per praticare lo sport ha acquisito, nelle menti distorte dei promotori della legge, il significato dell’espressione gergale che rappresenta.
Quando contrastavamo dal basso l’approvazione della Fini/Giovanardi ciò che ci ripetevamo era che una volta entrata in vigore sarebbero stati gli stessi effetti della famigerata legge a crearne gli anticorpi, a stimolare il dissenso e produrre consapevolezza. Oggi, attraverso vere e proprie pene mascherate con sanzioni amministrative, unite ai controlli su strada e nei posti di lavoro l’ingerenza nelle condotte private delle persone è sotto gli occhi di tutti/e: ne peggiora l’esistenza, aumenta i consumi e non genera sicurezza alcuna.
Anche a livello istituzionale si registrano segnali di un cambiamento di rotta che partono dal Rapporto della Commissione Latino Americana su Droghe e Democrazia di due anni fa per giungere alla più recente Global Commission on Drug Policy; entrambe denunciano senza ombra di dubbio il fallimento delle politiche proibizioniste e la grave violazione dei diritti civili che tali pratiche comportano.
A ottobre 2011 nasce in Italia un nuovo coordinamento antiproibizionista con l’intento di proporre un concetto differente del “problema droga”, che si discosti nettamente dai “dogmi” visionari e farneticanti del Dipartimento Politiche Antidroga di Giovanardi e Serpelloni (quest’ultimo ancora in carica nel governo Monti).
Ai concetti di Potere, Propaganda e Proibizione, attraverso i quali si continua a prospettare una falsa soluzione e si raccolgono reiterati fallimenti, il coordinamento oppone una concezione libera da criminalizzazione e medicalizzazione dei consumi di sostanze accompagnata da reali azioni di riduzione del danno e limitazione dei rischi in una comunità liberata dall’attuale disinformazione proibizionista.
Pensiamo che la depenalizzazione e la conseguente modifica del testo unico in materie di droghe debba essere una priorità immediata. Un atto di rispetto verso chi come Cucchi, Bianzino, Aldrovandi, Ales e tanti altri ha pagato con la vita; un dovere per coloro i quali pagano con il carcere una scelta individuale che merita rispetto e richiede consapevolezza, non la privazione della libertà né l’ingerenza in aspetti privati ed essenziali della propria vita.
La strategia da cui partire per una nuova ed efficace politica sulle droghe deve operare una decostruzione delle retoriche culturali farmacocentriste non solo alla luce del fallimento delle attuali politiche antidroga ma soprattutto a partire dal paradigma sui modelli disciplinari e le forme di controllo, confluite e funzionali alle logiche di un modello globale teso alla permanente ristrutturazione dei cicli di accumulazione, a discapito delle libertà individuali e dei diritti acquisiti.
E’ necessaria la reintroduzione di un approccio alle sostanze basato sulle differenze, non solo delle varie tipologie, ma soprattutto in relazione ai diversi usi che se ne possono fare e ai significati che essi assumono negli individui. La strategia di contrasto ad abusi e dipendenze non può che essere fondata sui pilastri della prevenzione e della riduzione del danno, usando strumenti relazionali e non sanzionatori, ristabilendo un reale principio di non punibilità del consumatore e concependo una normativa tesa al supporto ed alla cura dei consumatori problematici, fuggendo logiche sanitarie istituzionalizzanti nel pieno rispetto delle libertà individuali e dei diritti civili.
Per noi sono inderogabili concetti fondamentali quali il diritto all’autoproduzione, che garantisce la qualità di una merce e rappresenta un reale meccanismo di riappropriazione teso a restituire dignità e libertà di scelta ai consumatori. Contrapponiamo l’uso medico alla medicalizzazione e all’istituzionalizzazione dei consumatori di sostanze: prassi diffusa che evidenzia come oggi l’uso di sostanze sia considerato, tanto in ambito scientifico quanto in quello culturale, come causa o conseguenza di una patologia.
E’ il momento di riunire le forze per tentare di avanzare e Vienna 2012, dove ogni anno si riunisce l’ONU a marzo per discutere le politiche mondiali sulle droghe, è il luogo in cui possiamo incidere.
Potrebbe essere l’inizio della fine del proibizionismo, la conclusione di un ciclo e il ritorno nel luogo del delitto commesso da altri, per esorcizzarlo e denunciare la grave situazione del nostro paese in cui la dialettica con le istituzioni preposte ottiene un’unica e terribile risposta repressiva.