Droghe: cancelliamo una pena illegittima

legge illegittimaFonte: Fuoriluogo

Diamo spazio alla seguente iniziativa promossa da Fuoriluogo e diverse associazioni perché:

– nonostante la pressoché indifferenza sotto cui è passata la sentenza d’illegittimità incostituzionale della Fini-Giovanardi,

– il grave problema di cui, ingiustamente, sono stati e sono tuttora vittima migliaia di persone, molte delle quali tenute ancora in carcere

la giustizia, quella vera, tarda a compiersi, costituendo l’ennesima tortura rivolta a tutte quelle persone che usano sostanze e sono condannate perché contrarie all’ideologia proibizionista, l’unico “reato” che realmente hanno commesso.

Il 15 Luglio a Firenze si è tenuta una riunione partecipata da Garanti e associazioni impegnate nella tutela dei diritti dei detenuti, convocata da chi vi scrive in accordo con Grazia Zuffa di Forum Droghe, che sta predisponendo un progetto per proseguire la campagna per una nuova legge sulle droghe in Italia.

I recentissimi interventi (legislativi e giurisprudenziali) sul testo dell’art. 73 d.P.R. 309/1990, oltre ad interessare i procedimenti penali pendenti, lambiscono delicati profili dell’esecuzione penale. In particolare, l’abrogazione della Legge Fini Giovanardi (Corte cost., sent. n. 32/2014) ha comportato la reviviscenza tout court della Legge Iervolino-Vassalli, la quale, per tutti i fatti commessi sino al 23 dicembre 2013, si applica anche alle ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/1990.

Per i fatti commessi successivamente a tale data, invece, si applicherà la nuova disciplina introdotta dal decreto-legge 146/2013 (e successivamente interpolata dal decreto-legge n. 36/2014), che, tra l’altro, ha configurato il reato “di lieve entità” quale ipotesi autonoma di reato.

In prospettiva diversificata la Corte Costituzionale (sent. 251/2012), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 69 comma 4 c.p. «nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 5», impone la rideterminazione (retroattiva) del giudizio di comparazione tra circostanze, con inevitabili ripercussioni in melius sul trattamento sanzionatorio.

Al fine di rivisitare il giudicato di condanna alla luce delle menzionate modificazioni, si rende necessario l’intervento del giudice dell’esecuzione, sia per quanto riguarda l’ipotesi di equivalenza o prevalenza dell’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/1990 sulla recidiva contestata, sia per quanto concerne la rideterminazione della pena alla luce del più mite trattamento sanzionatorio riservato dalla legge Iervolino-Vassalli ai fatti concernenti le droghe leggere.

Secondo i dati trasmessi dall’Amministrazione Penitenziaria i detenuti definitivi esclusivamente per art 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 erano, al 26 maggio 2014, 8.500. E’ chiara l’urgenza di una attività concreta di supporto alle richieste di rideterminazione. Da una parte c’è la necessità di evitare che per alcune migliaia di persone non si protragga una palese ingiustizia, dall’altra l’effettiva promozione degli incidenti di esecuzione per tutte le persone potenzialmente interessate può sollecitare ulteriormente il legislatore a fare i conti con la necessità di una revisione della legge sugli stupefacenti.

In tale ottica, per consentire alle persone condannate di adire il giudice dell’esecuzione ex art. 666 c.p.p., riteniamo assolutamente indispensabile la circolazione, all’interno degli istituti di pena, dei modelli di istanza (che trovate in fondo a questo testo), redatti dal Gruppo di Lavoro composto dai ricercatori de L’Altro diritto. Centro di documentazione su carcere marginalità e devianza, dal prof. Carlo Fiorio e dell’avv. Michele Passione. Carlo Fiorio, garante dei detenuti dell’Umbria che ringraziamo per la redazione puntuale di questa lettera è a disposizione per eventuali chiarimenti sui documenti allegati.

Torneremo quindi a riunirci in settembre per verificare lo sviluppo di queste e altre iniziative a tutela dei diritti dei detenuti e per una riforma profonda della legislazione sulle droghe.

Cordialmente

Stefano Anastasia, Presidente della Società della Ragione
Franco Corleone, Garante per i diritti dei detenuti della Regione Toscana

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