Il governo e “Big Marijuana” colludono per stroncare l’industria medica della marijuana

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Fonte: The Free Thought Project.com

Lo storico voto (I-502) nello stato di Washington che legalizza l’uso della marijuana ricreativa, è stata una grande vittoria per la libertà. Ma non va tutto bene sul fronte occidentale.

Il difensore civico della città di Seattle, Pete Holmes, sta spingendo per stroncare l’industria della marijuana medica che esiste a Washington da 16 anni. Holmes vuole portare tutte le vendite di marijuana, ricreative e medicinali, in un unico sistema così da poter imporre pesanti tasse sui malati e criminalizzare i fornitori di marijuana medica.
Il Tavolo di Controllo degli Alcolici (il Liquor Control Board, LCB) di Washington sarebbe l’attore di questo racket. Attualmente, la marijuana medica è soggetta a imposte sulle vendite di circa il 9 per cento, proprio come i farmaci da banco. Se Holmes e l’LCB riuscissero nel loro intento, la marijuana medica verrebbe tassata a un tasso effettivo del 44 per cento (una “tassa del peccato”, sin tax in inglese, applicata a generi o attività che non sono ritenuti essenziali nella vita quali il tabacco, l’alcol o il gioco d’azzardo), lo stesso della marijuana ricreativa.

Non possono sopportare il pensiero che un qualsiasi tipo di marijuana possa essere venduta senza subire “estorsione” da parte delle autorità.
I fautori stanno cercando di chiudere dispensari della marijuana medica abolendo gli “orti collettivi.”
“Gli orti collettivi sono generalmente amministrati dai pazienti per i pazienti, con la più grande preoccupazione per la salute e il benessere dei soci su base no-profit, dove i pazienti cercano di ottenere il farmaco con la più di alta qualità al minor costo possibile. La coltivazione collettiva rappresenta una rete chiusa di produzione e di accesso che vieta la deviazione o la distribuzione verso fonti o destinatari non-medici. Gli orti collettivi devono mantenere la legittimità delle loro operazioni e di chi vi appartiene”.

La fine degli orti collettivi priverebbe molti malati della medicina di cui hanno bisogno, soprattutto se non possono coltivare le proprie piante. I pazienti dovrebbero invece andare nei negozi con licenza statale per l’uso di marijuana da parte di adulti e pagare tasse esorbitanti, sperare di trovare il ceppo e la forma più efficace per la loro particolare malattia.
Questo attacco alla libertà e alla decenza si basa sulla nozione che non c’è differenza tra l’uso di marijuana ricreativo e l’uso di cannabis terapeutica.

Tuttavia: “alcuni ceppi e preparati impiegati unicamente per uso medico producono un minor o nessun effetto inebriante, rendendo improbabile che questi prodotti siano disponibili nel mercato dell’uso per adulto. Allo stesso modo, mentre l’uso che fanno in gran parte i consumatori adulti è fumare cannabis, molti pazienti devono utilizzare una varietà di preparazioni (topici, tinture, sublinguale, transdermica, ecc), oltre a metodi di assimilazione rapidi, come la combustione e vaporizzazione, per garantire un corretto assorbimento dei cannabinoidi”.

Non solo i pazienti dovrebbero affrontare maggiori imposte e una scelta limitata; coloro che coltivano la loro pianta sarebbero costretti a crescerne molto meno. Sotto proposta di legge gli individui potevano crescere solo sei piante, mentre i pazienti possono attualmente coltivarne 15. La regola a impianto-6 è il risultato di un incauto sforzo di pianificazione centrale per controllare la quantità totale di marijuana prodotta nello stato.

Traduzione dall’inglese by Infoshock Torino.

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