Carta vince, carta perde, ma chi vince è sempre il banco, un altro monopolio che sostituisce il precedente e che produrrà ancora ricchezza per pochi e galera per tanti e tante.
A perderci è quella enorme parte di popolazione che si vedrà ancora rubare il diritto a coltivare una pianta che è parte del patrimonio botanico del pianeta, il diritto naturale di usufruire di un bene comune.
Lo avevamo detto e ripetuto più volte e con largo anticipo che il rischio imminente sarebbe stato quello della spartizione del monopolio del mercato delle sostanze illegali tra le narcomafie (che lo detengono attualmente) e le multinazionali del farmaco e del tabacco, cominciando proprio dalla Cannabis.
Non a caso l’edizione 2014 della M.M.M. (Italia) l’abbiamo intitolata “UMANOPOLIO” e l’edizione 2015 “CANNABIS BENE COMUNE”.
Non ci rassegneremo alla beffa di dover comprare in un regime di monopolio e ai loro prezzi, solo le varietà imposte dalle multinazionali con le loro tecniche di coltivazione, consci che il monopolio è appunto appannaggio degli amici degli amici e solo per loro.
Ossia, chi ne sarà fuori e deciderà per l’autoproduzione, continuerà a finire in galera, com’è sempre accaduto e accade in tutto il mondo laddove le mafie devono difendere i loro interessi.
Le guerre le fanno sempre i governi contro i popoli, tutti i popoli, interni ed esterni, per garantirsi grossi introiti economici: il proibizionismo è il classico esempio di collusione tra governi e mafie.
Se poi questa PL fosse convertita in legge, la collusione sarebbe con le lobby affaristiche che ne gestirebbero il mercato e non ci sorprenderebbe se a giochi fatti, scoprissimo anche alcuni suoi proponenti tra gli investitori.
Del resto ricordiamo gli investimenti economici personali dei ministri del vecchio pentapartito nelle fabbriche di specchietti retrovisori alla vigilia delle leggi che li resero obbligatori, moltiplicando il profitto di quelle aziende.
Siamo allarmati da come la becera propaganda affaristica spacci per prospettiva di legalizzazione la proposta di molti parlamentari di diversi gruppi politici noti come “Intergruppo Parlamentare per la Legalizzazione” e riteniamo sia un grande imbroglio sul quale occorre fare chiarezza.
È dichiarato esplicitamente l’intento del MONOPOLIO di STATO (vedi Art.5 «TITOLO II-BIS MONOPOLIO DELLA CANNABIS “..Art. 63-bis. – (Oggetto del monopolio). – 1. La coltivazione, la lavorazione e la vendita della cannabis e dei suoi derivati sono soggette a monopolio di Stato in tutto il territorio della Repubblica..”).
Risulta evidente la finalità del reperire risorse con la cannabis tramite le concessioni ai rivenditori, con il meccanismo delle licenze descritto all’articolo 63, in negozi a questo esclusivamente dedicati (che sarebbero l’evoluzione degli attuali grow shop) “..Art. 63-sexies. – (Licenza di vendita al dettaglio della cannabis e dei prodotti da essa derivati). – 1. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli può autorizzare la vendita al dettaglio della cannabis e dei prodotti da essa derivati a persone maggiorenni, in esercizi commerciali destinati esclusivamente a tale attività.)”.
Siamo assolutamente certi, vista l’impostazione della Proposta di Legge tutto monopolio e business, che le 5 piante della sbandierata e apparentemente consentita auto coltivazione casalinga per uso personale e le 5 piante a testa per gli iscritti ai CSC, siano solo uno specchietto per le allodole.
La possibilità di auto coltivazione infatti è solo lo zuccherino necessario ad addolcire la pillola e a creare quel consenso popolare necessario alla sua approvazione, molto sostenuta dalla parte commerciale del panorama cannabis, come le ditte di settore e quelle catene che attualmente vendono semi, lampade e concimi che in futuro potrebbero diventare i beneficiari delle concessioni del MONOPOLIO.
Alla prima finanziaria, verrebbe individuata la causa del mancato obiettivo di bilancio, ossia entrate minori degli introiti previsti per lo Stato, nella concorrenza delle coltivazioni casalinghe e nei CSC, che tornerebbero illegali come ora ma con l’aggravante che poi l’autocoltivazione, (essendo in contrasto con gli interessi del monopolio…) diverrebbe contrabbando, punito con pene molto severe e la confisca preventiva dei beni, oltre a salate multe calcolate per ogni grammo del materiale illegale com’è già adesso per i tabacchi.
Se così non fosse, non si capirebbe perché comunicarne anche il luogo della coltivazione al’ufficio di competenza regionale dei monopoli di stato come previsto sia per le 5 piante casalinghe che per i CSC ai seguenti articoli 1-bis e 1-ter della proposta di legge:
« 1-bis. “…Chiunque intenda coltivare cannabis ai sensi del periodo precedente invia, allegando la copia di un documento di identità valido, una comunicazione all’ufficio regionale dei monopoli di Stato territorialmente competente, recante l’indicazione dei propri dati anagrafici e del luogo in cui intende effettuare la coltivazione.”
E lo stesso vale per i CSC:
« 1-ter. È consentita la coltivazione di cannabis in forma associata, ai sensi del titolo II del libro primo del codice civile, nei limiti quantitativi di cui al comma 1-bis, in misura proporzionata al numero degli associati. A tale fine il responsabile legale invia una comunicazione all’ufficio regionale dei monopoli di Stato territorialmente competente, ai sensi del citato comma 1-bis..”.
Poi ci domandiamo perché ai Monopoli e non alla Prefettura? E sarebbe comunque bizzarro e anomalo, visto che tutte le leggi della Repubblica stabiliscono cos’è legale e cosa non lo è, oppure oltre quale limite una condotta diventa illegale.
Se fino a cinque piante fosse veramente legale non si dovrebbe comunicare nulla a nessuno: in autostrada è lecito guidare fino ad una velocità di 130 KM orari, ma non risulta fino ad ora che prima di imboccarla si debba inviare comunicazione alla motorizzazione civile nella quale si dichiari luogo di partenza e destinazione, che saranno percorsi senza oltrepassare i limiti consentiti e di non avere bevuto alcolici!
Eventualmente se poi si venisse trovati a guidare con un tasso alcolico oltre lo 0,5% consentito oppure ad una velocità superiore al limite, scatterebbero le sanzioni. Allora perché non scrivere più semplicemente che l’autocoltivazione è legale fino ad un numero tot di piante ed è illegale oltre?
Perché in questo modo le sezioni regionali dei Monopoli di Stato avrebbero già il database con gli indirizzi delle porte alle quali andare a bussare nel caso in cui la prima finanziaria successiva alla trasformazione in legge di questa proposta, rendesse nuovamente illegale l’autocoltivazione.
Noi contrasteremo questa PL che vorrebbe monopolizzare la cannabis perché non vogliamo finire dalla padella nella brace!
Se ora sempre più sentenze interpretano la legge riconducendo all’uso personale le piccolissime coltivazioni di due o tre piante, in questo modo non sarebbe più possibile, poiché con la nuova legge, nessuno negherebbe l’accesso alla cannabis, che sarebbe però acquistabile esclusivamente in regime di monopolio, ai loro prezzi e solo per le qualità da loro commercializzate.
Non a caso pare che alcuni imprenditori stiano già pensando a marchi in franchising, vedi l’intervista a dolcevita del proprietario del marchio “NATIVA”, che inizia così: “L’obiettivo è chiaro: conquistare il multimilionario mercato italiano della cannabis ricreativa..”, vedi link: http://www.dolcevitaonline.it/nativa-il-franchising-italiano-per-la-cannabis-che-punta-sulla-legalizzazione/
Ed è chiaro che le aziende di settore, i grow shop e tutto il lato commerciale del fenomeno, comprese le finte associazioni di imbonitori, svolgono il ruolo che nel sindacalismo dello scorso secolo fu dei “sindacati gialli”, pagati ed organizzati dalle stesse classi patronali per difendere i loro stessi interessi.
Tutto quel mondo imprenditorial-cannabico, molto attivo in rete ma non radicato nel sociale, incapace di riempire le piazze ma al massimo le fiere commerciali di settore, ha ovviamente dalla sua parte in questo business i media nazionali espressione di grandi gruppi imprenditoriali e finanziari, ma non può e non dovrebbe avere il consenso di chi rivendica il diritto a coltivare una pianta per liberarla dalle speculazioni del mercato.
Abbiamo sottoscritto e coprodotto la “Carta dei diritti delle persone che usano sostanze- Genova 2014” (vedi link http://www.millionmarijuanamarch.info/approfondimenti/17-carta-dei-diritti-delle-persone-che-usano-sostanze.html ) in cui agli articoli 12, 13 e 14 è rappresentata la nostra posizione, che non esclude neanche il mercato per chi decidesse di non volerla coltivare in proprio o in associazione, garantendo così la libertà di scelta. Per questi motivi appoggiamo la proposta contenuta nel “Sesto Libro Bianco 2015” di Forum Droghe che mette al centro i diritti delle persone invece che gli interessi economici, vedi link: http://ungass2016.fuoriluogo.it/2015/11/18/seconda-edizione-del-6-libro-bianco-sulla-legge-sulle-droghe/
Diffidate degli imbonitori, presenti solo in rete e nei palazzi del potere legislativo e della finanza, contro i quali ci prepariamo a mobilitarci scendendo nelle nostre piazze per smascherarne l’inganno.
L’abbiamo sempre fatto e lo continueremo a fare non rassegnandoci mai a scambiare i nostri diritti con gli interessi economici degli amici dei soliti furbetti che confondono volutamente la politica con gli interessi privati di pochi.