Da diversi anni la scena dei free parties ha conosciuto un lento declino, che chiunque abbia frequentato questo ambiente anche solo per qualche tempo ha avuto modo di notare. Questo declino è dovuto non solo alla carenza di autogestione, ma anche alla scarsita’ di comunicazione su tematiche culturali e di controinformazione, con la conseguente inconsapevolezza delle cosiddette nuove leve, aumentate in proporzione alla facile reperibilita’ degli eventi; oltre a questo, in diversi Paesi europei la realizzazione e l’inasprirsi di “leggi anti-rave” non ha di certo facilitato la situazione.
Alcuni recenti eventi come la festa di Cusago e il Karnival dimostrano in maniera lampante questa tendenza. Ma questa volta non vogliamo soffermarci sulla brutalità, la pochezza, l’inettitudine e l’incompetenza delle forze dell’ordine e delle istituzioni che sono intervenute in queste situazioni, che ormai diamo per scontate visti i chiari intenti repressivi. Questa volta vogliamo fare auto-critica come movimento.
I free parties, sono particolari situazioni di festa basati sul concetto di T.A.Z. (temporary autonomous zone). Per fare free parties non bastano casse e musica in una situazione illegale (altrimenti anche una discoteca che non fattura le entrate sarebbe un free party), servono particolari premesse sociali e politiche, utili a creare un ambiente auto-gestito.
Analizzando le pratiche per lo svolgimento di T.A.Z. e situazioni autogestite riteniamo particolarmente importanti quelle pratiche volte alla sicurezza dell’ evento e alla comunicazione degli intenti che ne stanno alla base.
In particolare riteniamo fondamentale: Continue reading