Marco Toriello, 45 anni, di Eboli è stato trovato cadavere dietro le sbarre; si è tolto la vita la sera del 18 dicembre impiccandosi nella sua cella all’interno della casa circondariale di Salerno Fuorni. Noto alle forze dell’ordine per reati legati al mondo degli stupefacenti, era stato arrestato nel dicembre dello scorso anno a seguito di una tentata rapina messa a segno ai danni di una fruttivendola di Eboli: prima fu messo in fuga dal compagno della commerciante, successivamente arrestato dai carabinieri della compagnia di Eboli. Malato da tempo di epatite aggravata da altri problemi di salute, Marco era detenuto nella casa circondariale “Fuorni” di Salerno, precisamente nel reparto destinato ai tossicodipendenti. Le sue condizioni di salute, tuttavia, erano delicatissime e lo stesso necessitava di cure costanti.
Il magistrato, dottoressa Guglielmotti, dovrà decidere se aprire un fascicolo sulla morte dell’uomo disponendo l’esame autoptico così come è stato richiesto dai familiari della vittima che hanno denunciato una serie di perplessità circa la natura del decesso del congiunto, oppure liberare la salma. L’esame esterno, effettuato dal medico legale Giovanni Zotti nella serata di venerdì, come già detto non lascerebbe adito a dubbi. Toriello si è tolto la vita legandosi una corda al collo. I familiari chiedono però chiarezza in relazione ad alcuni lividi che il giovane presenterebbe sulla schiena. Nulla, inoltre, stando alla denuncia degli stessi, lasciava presagire un atto così estremo. Alcuni giorni fa il 45enne aveva avuto un colloquio con la figlia con la quale si era ripromesso di rincontrarsi il 23 dicembre per gli auguri di Natale.
Siamo tornati indietro di 8 anni, ma per civiltà siamo certamente agli albori. Nelle carceri italiane, notoriamente sovraffollate, il numero di detenuti tossicodipendenti è pari al 30%, un altro 35% soffre di disturbi mentali. Nelle carceri italiane cosi come nei Cie sono rinchiuse migliaia di persone che nulla hanno a che vedere con la “professione” di criminale. Troppo spesso sono vittime dei percorsi di emarginazione sociale ai quali uno stato di diritto dovrebbe rispondere con misure di sicurezza sociale non con metodi repressivi. Dal 2006 le persone in misura alternativa in carcere sono costantemente diminuite: prima dell’indulto 60.000 detenuti e 50.000 condannati in misura alternativa; oggi ci sono 66.000 detenuti e soltanto 12.000 persone in misura alternativa. Inoltre, negli ultimi dieci anni, denuncia l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere (costituito dai Radicali,
dalle associazioni Detenuto ignoto, Antigone, A buon diritto, dalle redazioni di “Radio carcere” e “Ristretti orizzonti”) nei penitenziari italiani sono morte 1.560 persone. Di queste 558 si sono suicidate, “per la maggior parte si trattava di persone giovani, spesso con problemi di salute fisica e psichica, spesso tossicodipendenti”.