Il caso Parolisi. Considerazioni intorno al libro.

1234286_175060416010976_970249364_nDopo la presentazione del libro “Il caso Parolisi: sesso, droga, Afghanistan”, evento programmato nell’ambito delle iniziative della prima Critical Weed, ci sentiamo di scrivere due righe sul libro e sull’autore che, molto cortesemente, con grande competenza e altrettanta simpatia, è intervenuto alla presentazione.

Il libro, innanzitutto, non ha nulla di scandalistico come il titolo forse, ma ancor più, il tema trattato potrebbe far supporre: il caso Parolisi è uno scandalo italiano, uno di quelli lungi dall’essere chiuso nonostante la condanna dell’imputato a trent’anni. La materia a prima vista potrebbe far pensare a uno dei soliti espedienti buoni a tenere impegnata l’opinione pubblica, quasi si trattasse di una telenovela, alimentato per vendere giornali ma anche per distogliere da problemi più reali e ben più gravi. Come ci spiega l’autore, in realtà, il libro apre scenari che vanno ben al di là della notizia in sè stessa e della storia del caporal maggiore dell’Esercito Italiano.

1231620_188298101353874_1090143530_nPensare a Parolisi come al protagonista, o comunque come l’unico attore in campo, è un errore che si svela già dalle prime pagine. Questa è una vicenda che travalica l’uomo e si addentra nella storia di una terra e di una cultura, quella afghana, violentata da decenni di guerra, in è cui il narcotraffico, gestito dall’occidente, il vero protagonista. Eroi negativi ce ne sono, ma tra di essi non vi è tanto il Parolisi quanto gli uomini della camorra, e tra le vittime un po’ tutti quelli che da un decennio sono presenti in Afghanistan; in primis i civili, costretti a subire un conflitto non voluto e le cui ragioni storiche non riescono ad occultare la vera ragione di tutte le guerre. Il denaro, qui rappresentato dalla polvere, non quella del deserto afghano, nè quella delle strade delle città sulla quale le persone sono costrette a combattere e morire, è una polvere ben più preziosa quanto carica di significati negativi: “l’eroina”. Continue reading


Bollettino Encod n° 118

CSCFonte: Encod Italia

Il quattro novembre, la maggioranza degli elettori degli stati americani dell’Alaska, e dell’Oregon hanno votato per la legalizzazione della cannabis. Ora, sono quattro gli stati Usa che hanno legalizzato la cannabis. In genere, ci si attende che l’Europa segua l’esempio americano, specialmente ora che sta diventando chiaro quanto denaro si possa fare con la pianta ma proprio questo rappresenta una minaccia alla “vera” cultura della cannabis.

L’annuale High Times Cannabis Cup di Amsterdam ha, per certi versi, simbolicamente rappresentato  il crescente gap tra il vecchio e il nuovo mondo. Per la prima volta in 27 anni si è rivelato impossibile organizzare la tradizionale fiera. I 44 venditori che erano pronti a installare i loro stands, il 23 novembre sono stati avvisati di dover fare le valigie. La città di Amsterdam aveva dichiarato che ci sarebbe stato un massiccio raid della polizia se l’expo fosse continuato. La maggior parte dei venditori aveva viaggiato migliaia di chilometri per partecipare.

Tra i respinti vi era anche l’organizzazione olandese VOC (Unione per l’abolizione della proibizione della cannabis), i cui attivisti hanno inscenato una protesta durante le cerimonie finali al Melkweg.

Gli attivisti della VOC hanno parlato con innumerevoli partecipanti e giornalisti durante la settimana del Cannabis Cup, su come non riuscissero a capacitarsi del fatto che la politica sulle droghe olandese fosse diventata tanto rigida e repressiva, proprio nel momento in cui gli Stati Uniti stanno optando per la legalizzazione. Nello stesso giorno in cui gli elettori di Alaska e Oregon hanno legalizzato la cannabis, la Eerste Kamer (il Senato Olandese) ha varato una nuova legge che vieta ogni tipo di preparazione o facilitazione della produzione di cannabis.

Il mese scorso, il programma televisivo olandese ’Tegenlicht’(controluce) mostrava come sia esattamente questa facilitazione a costituire un mercato largamente in crescita in Colorado. Centinaia di imprese commerciali legate alla cannabis sono spuntate nel corso degli ultimi anni e cresciute in maniera esplosiva. Nel suo report sul Colorado, Ty Hubbard di Greenlabs spiega: ’La maggior parte delle persone non necessariamente coltiva o vende, ma ha a che fare con attività economiche periferiche, sia nel campo del merchandising oppure, come Adam che opera un gradino sopra, vendendo vestiti di canapa. Per ironia della sorte: Adam Dunn é scappato dagli Stati Uniti ad Amsterdam negli anni Novanta. Di ritorno nel paese natio, ora prevede, come nel giro di tre anni, l’ottanta percento degli stati avrà legalizzato la cannabis dopo che il governo federale ne avrà cancellato il divieto. Continue reading


Il caso Parolisi: sesso, droga e Afghanistan

Il caso ParolisiC.S.O.A. Gabrio
Via Francesco Millio, 42 (Zona San Paolo)
Torino

giovedì 27 novembre ore 19:00

Giovedì 27 novembre, nell’ambito del primo CRITICAL WEED 2014, iniziativa sul tema delle droghe leggere e il «diritto a un uso libero e consapevole», Alessandro De Pascale presenta “Il caso Parolisi: sesso, droga e Afghanistan”. Il libro rivela l’esistenza di un traffico internazionale di eroina e il suo consumo ad opera di alcuni militari della missione Nato in Afghanistan. Un volume d’inchiesta giornalistica che, sullo sfondo di un caso di cronaca nera, l’omicidio di Melania Rea, svela uno sconcertante scenario, aprendo uno scandaloso vaso di pandora.

Alessandro De Pascale, giornalista d’inchiesta, da sempre appassionato di informazione e media, si occupa di cronaca giudiziaria, tematiche ambientali e relative alla Alessandro De Pascalecriminalità organizzata, . Inizia a scrivere giovanissimo: all’età di 17 anni i suoi articoli vengono pubblicati sul settimanale Radio & Tv e sul quattordicinale Radiomusic. Dopo una breve parentesi a «La Nuova Ecologia», mensile di Legambiente, nel 2007 inizia a collaborare con il settimanale «Left-Avvenimenti» e il mensile «La Voce delle Voci». Dal 2009 è redattore del quotidiano, poi mensile, ecologista Terra, dal 2012 del settimanale Il Punto. Attualmente scrive per Il Manifesto. Tra i suoi libri Telecamorra. Guerra tra clan per il controllo dell’etere (Lantana Editore, 2012) e Il caso Parolisi. Sesso, droga e Afghanistan (co-autore Antonio Parisi, Imprimatur, 2013).


Droghe: cancelliamo una pena illegittima

legge illegittimaFonte: Fuoriluogo

Diamo spazio alla seguente iniziativa promossa da Fuoriluogo e diverse associazioni perché:

– nonostante la pressoché indifferenza sotto cui è passata la sentenza d’illegittimità incostituzionale della Fini-Giovanardi,

– il grave problema di cui, ingiustamente, sono stati e sono tuttora vittima migliaia di persone, molte delle quali tenute ancora in carcere

la giustizia, quella vera, tarda a compiersi, costituendo l’ennesima tortura rivolta a tutte quelle persone che usano sostanze e sono condannate perché contrarie all’ideologia proibizionista, l’unico “reato” che realmente hanno commesso.

Il 15 Luglio a Firenze si è tenuta una riunione partecipata da Garanti e associazioni impegnate nella tutela dei diritti dei detenuti, convocata da chi vi scrive in accordo con Grazia Zuffa di Forum Droghe, che sta predisponendo un progetto per proseguire la campagna per una nuova legge sulle droghe in Italia.

I recentissimi interventi (legislativi e giurisprudenziali) sul testo dell’art. 73 d.P.R. 309/1990, oltre ad interessare i procedimenti penali pendenti, lambiscono delicati profili dell’esecuzione penale. In particolare, l’abrogazione della Legge Fini Giovanardi (Corte cost., sent. n. 32/2014) ha comportato la reviviscenza tout court della Legge Iervolino-Vassalli, la quale, per tutti i fatti commessi sino al 23 dicembre 2013, si applica anche alle ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/1990.

Per i fatti commessi successivamente a tale data, invece, si applicherà la nuova disciplina introdotta dal decreto-legge 146/2013 (e successivamente interpolata dal decreto-legge n. 36/2014), che, tra l’altro, ha configurato il reato “di lieve entità” quale ipotesi autonoma di reato.

In prospettiva diversificata la Corte Costituzionale (sent. 251/2012), nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 69 comma 4 c.p. «nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 5», impone la rideterminazione (retroattiva) del giudizio di comparazione tra circostanze, con inevitabili ripercussioni in melius sul trattamento sanzionatorio. Continue reading


Quinto Libro Bianco Fini-Giovanardi

Quinto libro bianco fini-giovanardi

 Scarica il 5° Libro Bianco

Forze dell’ordine che implementano un modello puramente repressivo a fronte di reati di lieve entità. Aumento delle carcerazioni per reati di droga e passaggio obbligatorio dal carcere anche nel caso di misure alternative. Una crociata anti-cannabis sempre più palese e un evidente tentativo di punire stili di vita ritenuti devianti. Una mole assurda di denaro destinato ai controlli e strappato ai programmi di prevenzione, a fronte di risultati nei test su strada e sul lavoro che smentiscono la pandemia propagandata dal DPA. Rifiuto della riduzione del danno, a partire dal lessico. Questo, in sintesi, il risultato dell’indagine condotta da Forum Droghe, CNCA, Antigone e Società della Ragione e giunta alla sua quinta edizione, che mostra i danni provocati da sette anni di applicazione della Fini-Giovanardi.

Quando si rompe un vaso rimangono i cocci, così, quando una legge viene definita illegale, come nel caso della Fini-Giovanardi, si possono seguire due strade: l’una, tentando di riattaccare i cocci come la ministra Lorenzin ha provato a fare col suo decreto, senza peraltro riuscirvi; l’altra spazzando via i cocci, cosa difficile da fare e che richiede ancor più perizia.
Già, perché in questo caso, i cocci sono la metafora di quell’ideologia che ha generato inutili e dannose logiche securitarie attuate con i controlli, repressione e carcerazioni. Operazione ardua perché le energie che le hanno generate sono tutt’altro che finite e perché lungo questi sette anni, molti hanno aderito a un impianto costruito col riduzionismo e le mistificazioni scientifiche.

Ingressi in carcere
A partire da chi la legge la deve far rispettare e che sempre più si è sentito legittimato nella pratica della caccia alle persone che usano sostanze. L’assurdo, poi, sta nel fatto che mai l’uso di sostanze illegali ha rappresentato un reato, nemmeno quando era in vigore la Fini-Giovanardi. Eppure, il carcere, ancora rappresenta una risposta per chi ha problemi di dipendenza.
Lo stigma, nei confronti di chi usa sostanze, non è solo aumentato ma convenientemente alimentato, generando comportamenti che in un numero di casi assolutamente inaccettabile hanno portato alla morte violenta di coloro i quali erano stati fermati e arrestati.

Si arriva a capire quanta perizia sia necessaria per un reale cambiamento proprio quando ci si accorge del contenuto del vaso, formato di tutte quelle persone la cui esistenza è stata variamente fatta a pezzettini da una legge illegale. Alcuni – lo abbiamo detto – non ci sono più, per gli altri non è per nulla semplice, tantomeno per quelli che riusciranno a uscire dal carcere.
Art 73 e 74Apprendiamo – una conferma – dell’aumento di persone segnalate, soprattutto e sempre più per l’uso di cannabis. Una droga che compromette il cervello in modo permanente – che, se fosse vero – il DPA dovrebbe perlomeno essere una fumeria. E invece, niente! Né Serpelloni né Giovanardi pare ne hanno mai fatto uso: questo già basterebbe a scagionare chi invece sceglie di farne. Non basta, quasi la metà delle denunce per violazione all’art. 73 è per cannabis.

La preoccupazione più grande, oltre a non avere ancora una moderna legge sulle droghe al passo con le evidenze scientifiche, che dia il giusto peso all’efficacia dimostrata dalla riduzione del danno e sia realmente orientata alla depenalizzazione, riguarda la necessità, ormai improrogabile, di un cambiamento culturale. Lo sviluppo, cioè, di una riflessione collettiva sul peso che ha l’adozione settennale di leggi illegali e l’importanza, su tutto, della vita e delle scelte delle persone rispetto a norme ideologiche davvero poco distanti da quell’approccio pseudo-religioso col quale furono condotte le antiche crociate.


Tempi duri per i coltivatori di cannabis canadesi

OLYMPUS DIGITAL CAMERALink: The Economist

La British Columbia (BC), provincia del Canada, ha una certa reputazione tra gli intenditori riguardo alla produzione di cannabis di una certa potenza. L’atteggiamento accomodante di Vancouver verso la marijuana ha fatto sì che si guadagnasse il soprannome di Vansterdam. Il retro della medaglia di tutto ciò è costituito dal fatto che la provincia canadese ha costruito un business molto fiorente sull’export di marijuana stimato in 2 miliardi di dollari l’anno canadesi (1,9 miliardi dollari USA), secondo Stephen Easton, economista presso l’Istituto Fraser. Ma a tale industria è stata inferta un duro colpo dalla legalizzazione della marijuana realizzatasi a sud del confine.

La legislazione che approva l’uso di marijuana medicinale ha aiutato ad abbassare i prezzi negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni. La recente legalizzazione del consumo di marijuana per uso ricreativo negli stati del Colorado e di Washington ha aggiunto pressione al ribasso dei prezzi. La produzione locale è dilagata: ci sono circa 1.000 impianti di coltivazione autorizzati solo nel Colorado. I punti vendita a Washington hanno aperto ai primi di luglio. Un chilo di cannabis costa 2.000 dollari sul mercato all’ingrosso degli Stati Uniti, dicono gli addetti ai lavori, ma il prezzo, in alcune zone, è addirittura la metà.

L’aumento della produzione negli Stati Uniti, ha spinto i prezzi verso il basso, non giustificando più il rischio di contrabbando di erba dal Canada. “Le esportazioni hanno avuto un enorme successo”, dice Jodie Emery, un avvocato che si occupa di questioni legali inerenti la marijuana in BC. Suo marito, Marc, sta scontando una condanna a cinque anni a Yazoo City, in Mississippi per la gestione di un business di semi di marijuana ordinati via mail. La marijuana a buon mercato coltivata all’aperto in Messico è l’unica importazione che sta tenendo, afferma Emery dal carcere. Continue reading


L’offerta di droghe si moltiplica sulla Rete Oscura

bitcoin640-629x472Fonte: Inter Press Service

“I nuovi mercati che hanno sostituito Silk Road possono ora crittografare tutte le comunicazioni e utilizzare tecniche avanzate per il riciclaggio dei bitcoin utilizzate nelle operazioni di transazione” – Prof. David Hetu

NAZIONI UNITE, 3 luglio 2014 (cos’è la Inter Press Service) – Nei suoi due anni di attività, il mercato online Silk Road ha rastrellato 1,2 miliardi di dollari di fatturato e accumulato circa 200.000 utenti registrati – una storia di successo che sarebbe il sogno di qualsiasi start-up.

Il sito è stato chiuso dall’FBI lo scorso ottobre,  essenzialmente con l’accusa di essere  l’Amazon.com delle droghe illegali, mettendo in luce la crescente sofisticazione di un cyber commercio di droga, che offre un anonimato high-tech sia ai compratori che ai rivenditori.

Nel suo World Drug Report 2014 pubblicato la scorsa settimana, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC) avverte che la vendita di droghe illecite on-line porrà sfide uniche per ciò che concerne l’applicazione della legge.

“Il mercato online di droghe illecite sta diventando sempre più grande e più sfacciato”, ha detto. “Se continua la passata tendenza, ha il potenziale per diventare un mezzo di traffico di sostanze incontrollate negli anni a venire.”

La crescita del traffico di droga on-line è andata di pari passo con i progressi della tecnologia. L’esame dell’UNODC dei dati del sequestro di droga a livello mondiale mostra che i sequestri di cannabis tramite il servizio postale è aumentato del 300 % nel decennio 2000-2011. Continue reading


“L’epatite C si cura con la cannabis”, parola dei ricercatori del WIT 01/07/2014

cannabis-terapeutica-laboratorioFonte: Cannabis Terapeutica

L’epatite C è una patologia che ha colpito milioni di persone e per la quale i ricercatori hanno provato per anni a sviluppare un vaccino ed una cura efficace. Oggi sembra che l’attesa sia finita e i pazienti devono ringraziare le virtù curative della cannabis oltre al lavoro dei ricercatori.

La notizia arriva direttamente da un comunicato stampa scritto dal dottor Matt Stone che è a capo del gruppo di ricerca del Wyoming Institute of Technology che si è occupato dello studio: “Il nostro team è lieto di annunciare che, con l’aiuto dei nostri partner farmaceutici, saremo in grado fornire un vaccino efficace per curare l’epatite C entro i prossimi 14-18 mesi e lo dobbiamo tutti alla cannabis“.

La ricerca nel campo della vaccinazione contro l’epatite C è iniziata lo scorso autunno, dopo che una ragazza tra gli stagisti del gruppo aveva asserito che era completamente “guarita” dall’epatite C mangiando e vaporizzando derivati di un ceppo di cannabis che lei stessa aveva inventato, chiamandolo “Chunky Crimson”. “Dopo ulteriori indagini, abbiamo scoperto che non era guarita completamente, ma i risultati iniziali ci hanno spinto ad avviare uno studio completo, che ha avuto inizio nel nostro stabilimento di Denver, Colorado, nel gennaio del 2014″, spiega il dottor Stone. Continue reading


Support. Don’t Punish.

Support dont punish logo

Link: Support.Don’t Punish.

Giovedi 26 Giugno 2014, seconda “Giornata di Azione Globale Un’occasione per sottolineare pubblicamente come le persone che fanno uso di droghe continuino a essere abusate, stigmatizzate, torturate, picchiate e persino uccise in nome della “guerra alla droga”.

Non possono più  essere ignorati i rischi evidenti cui vanno incontro le persone che si iniettano droghe.

SUPPORTA. NON PUNIRE.

Campagna di sensibilizzazione globale per aumentare la consapevolezza dei danni causati dalla criminalizzazione delle persone che fanno uso di droghe.

 


#Buriddavive

Buriddavive by csoa gabrioAbbiamo aspettato ad annunciare la nostra solidarietà ai compagni genovesi con un comunicato ufficiale, anche se le parole di stima non erano mancate, subito dopo l’assurdo sgombero del Laboratorio Sociale Occupato, e da sabato l’azione della Questura genovese è stata anche inutile. Inutile – altro non poteva essere – per tutt* quelli che credono che con la forza sia possibile cancellare un movimento, perché, come annunciato, la risposta non si è fatta attendere e l’ex scuola Garaventa è diventata il nuovo spazio in cui tutt* quelli che lo vorranno potranno continuare a sostenere e costruire quella socialità possibile solo in spazi sociali occupati e affini. Utile, al contrario, a tutt* quelli che credono e sostengono la necessità degli spazi sociali e per i quali #BURIDDAVIVE non è uno dei tanti hashtag in rete, ma un sentimento condiviso, che la travalica, scende nelle piazze, aggrega e diventa una promessa – mantenuta – e un progetto che continua. Come a tanti compagni e amici è successo, la delusione, la rabbia, l’ottusità quasi incomprensibile con la quale si viene o si è venut* brutalmente sovrastat*, non dura che un attimo e lascia il posto a una determinazione rinnovata che solo chi riesce a viversi porterà per sempre nel cuore: la sensazione impagabile che ti fa sentire ancora una volta e ancora di più dalla parte giusta, con gli altr*, con tant*. Hanno perso, loro! Da qualche giorno sui giornali si leggono polemiche stupide, sterili e utili solo per le lotte interne di potere di quei politicanti dei quali ben diventano chiare le priorità. Chiare a tutt* noi, e che ora lo saranno anche a una parte di coloro i quali li hanno sostenuti; la lezione che è data a tutt* è che le idee non si fermano, nemmeno con la forza ma le poltrone si conquistano, a colpi bassi, cercando di sfruttare tutto e tutt* senza il minimo rispetto per i meccanismi di rappresentanza, resi inutili dalla mancanza di un’etica pubblica di cui quella politica è addirittura nemica e come fossero vasi comunicanti un certo modello di socialità ne è, invece, pregna.

Collettivo Infoshock, Csoa Gabrio.