Le cifre degli arresti per droga in provincia di Torino nel 2009

Mese Operazioni condotte Persone arrestate Rimesse in libertà Persone denunciate Minori denunciati Stranieri denunciati Numero decessi
Gennaio 27 40 3 43 4 22 2
Febbraio 66 124 13 137 9 81 1
Marzo 80 107 8 115 14 91 1
Aprile 50 69 5 74 3 62 0
Maggio 62 99 7 106 15 84 2
Giugno 51 94 7 101 10 69 0
Luglio 34 61 2 63 11 39 4
Agosto 40 47 11 58 4 32 2
Settembre 82 105 14 119 5 73 1
Ottobre 59 72 17 89 10 45 2
Novembre 47 93 8 101 11 74 1
Dicembre 27 40 2 42 5 34 1
Totali 625 951 97 1048 101 706 17

Operazioni di Polizia

Le operazioni di polizia volte alla repressione dei reati connessi agli stupefacenti (parola impropriamente usata, in verità) sono state 625 in 365 giorni, quasi 2 al giorno.

Arresti totali

Le persone denunciate sono 1048 di cui il 91% (90.74%) sono state arrestate. E’ impensabile che fossero tutti spacciatori o trafficanti, anzi dai dati nazionali relativi allo scorso anno (2008) solo il 9.8% sono stati riconosciuti colpevoli di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio. E’ quindi lecito pensare che la maggioranza degli arrestati sia composta da semplici consumatori e ad ulteriore riprova di questo i dati nazionali rivelano come al primo posto figurano gli arresti per reati connessi con la detenzione di cannabis.

Minori

I minori sono 101, pari a circa il 10% (9.64%). A parte alcuni soggetti precoci, non possono certamente essere classificati “spacciatori” professionisti (il dato nazionale 2008 relativo a minori cui si contestano reati per associazione è dello 0.89%). Pensare che tra i consumatori 1 su 10 sia molto giovane, da un’idea di quanto il proibizionismo con le sue campagne terroristiche abbia in realtà conseguito il ben triste primato di far conoscere le droghe  in maniera sempre maggiore. I messaggi lanciati contro le droghe fungono, “paradossalmente”, da veicolo pubblicitario teso a  raggiungere in maniera del tutto privilegiata particolari fasce della popolazione, in particolare i più giovani che risultano maggiormente ricettivi ad un modello promozionale. Servirebbe, al contrario, una corretta informazione sui rischi piuttosto di inutili allarmi e false minacce. E’ ormai una triste realtà dover constatare che i problemi di consumo crescono in conseguenza degli allarmi divulgati dai media. A conferma di quanto detto sopra, esistono studi scientifici americani risalenti addirittura agli anni ’70 che dimostrano l’efficacia delle tecniche di “scare” applicate ai campi più disparati, mentre è di recente pubblicazione uno studio australiano che ha evidenziato gli effetti negativi di una pubblicità troppo aggressiva mirata alla lotta contro le droghe: tale scelta ha sortito esattamente l’effetto contrario in relazione ad un campione di giovani. Il dato riguardante la provincia di Torino, comunque, è superiore di ben 4 volte (4.4 per la precisione) di quello rilevato a livello nazionale nel 2008 (2.19% ). Solo parzialmente lo si può spiegare adducendo una situazione critica relativa al consumo minorile di sostanze, cui va aggiunta, necessariamente, la constatazione di una repressione più forte in alcune aree del paese rispetto ad altre.

Decessi

I decessi nella provincia, ad ottobre, risultano essere pari a 17 (16 nel 2008). Si vorrebbe tutti che non ce ne fosse alcuno, ma non si può non indignarsi nel constatare che tale dato è parziale se non addirittura volutamente manipolato. A Torino, la scorsa estate a pochi è sfuggita la notizia, confermata da fonti della questura e della quale un magistrato in particolare se ne era occupato rilasciando dichiarazioni ai giornali sulla grave emergenza in atto. Da maggio alla prima metà di luglio si sono registrati almeno 15 overdose (solo di eroina) contro le 5 previste dal trend dello scorso anno. Poi più nulla, solo i servizi e alcuni collettivi che si occupano di sostanze hanno provveduto ad avvisare i consumatori di stupefacenti del possibile rischio. Niente stupidi allarmi, fortunatamente quelli si sono arrestati subito e dei quali rimangono i soliti scoop apparsi sui giornali e fini a se stessi, rivolti cioè a far vendere più copie.

Poi nella seduta alla camera del 20 Maggio 2010, ripresa successivamente il 15 aprile, la senatrice Poretti (Pd) con un’interpellanza chiedeva spiegazioni a Giovanardi in merito all’articolo apparso su La Stampa del 12 gennaio 2010 a firma del “solito” Massimo Numa che faceva riferimento a 27 decessi avvenuti nell’estate 2009. Inutile lo scaricabarile del suddetto deus ex-machina del Dipartimento Politiche Antidroga sulla responsabilità della Regione Piemonte nel ritardo di oltre 2 mesi per la segnalazione al sistema di allerta precoce (quando i decessi erano ormai 15). Il fatto è che tale sistema non ha funzionato, mentre collettivi informali e servizi di bassa soglia (appartenenti alle Asl e come tali organi della regione), tramite uno scambio di informazioni avevano allertato i consumatori già dalle prime overdose. Sarebbe stato possibile anticipare i tempi, forse, se il cieco sistema proibizionista attuato da Giovanardi permettesse, almeno agli addetti ai lavori, di accedere ai dati sulle analisi delle sostanze, magari proponendone alcune, constatata la posizione privilegiata di cui godono (appunto di stare in bassa soglia, non nei Ministeri!).

C’è un elemento, però, sul quale vale la pena di soffermarsi ed è rappresentato dal fatto che il calo di overdose che si è ottenuto negli anni viene utilizzato come dato a conferma dei risultati a favore della legge sulle droghe, nonché dell’azione repressiva che questa mette in atto. Nonostante l’aumento considerevole dei reali decessi per overdose, i dati divulgati dalla Direzione Centrale Servizi Antidroga non ne fanno ancora menzione.  Del resto se questi fossero divulgati, confermerebbero il fallimento delle politiche intraprese…

Stranieri

Le 1048 denunce mostrano una netta prevalenza di stranieri, addirittura superiore al 67% (67.4%), ma per capire la complessità del dato è doveroso analizzare alcuni fattori:

  1. Che le mafie nostrane abbiano abbandonato il traffico di droghe è assolutamente privo di fondamento, piuttosto risultano inserirsi nella gestione del traffico alcune organizzazioni composte da stranieri previ accordi con le organizzazioni criminali nostrane. Cioè a comandare sono sempre le mafie nostrane.
  1. Non ci è dato sapere al momento (non è ancora stata pubblicata la relazione annuale) quante persone straniere arrestate fossero effettivamente coinvolte nel traffico, sebbene nel 2008, gli arresti per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, a livello nazionale erano pari al 9.8% del totale. Alla luce del calo dei sequestri di sostanze “illegali” (dati nazionali del 1999 pari a 72551 Kg contro i 42196 Kg del 2008) non corrisponde un calo della disponibilità delle stesse: in parole povere il traffico è più che mai florido, i dati Onu sulla produzione mondiale delle due grandi categorie di sostanze, stupefacenti (eroina) e stimolanti (cocaina, anfetamine) non fanno altro che confermare questa tesi. Non è pertanto possibile affermare che le droghe siano “amministrate” da criminali stranieri né tanto meno dire che il numero di arresti di migranti, così impari se confrontati con quelli relativi agli italiani, abbia in qualche modo arginato la diffusione di droghe.
  1. Che in Italia si stia attraversando una fase xenofoba, costruita ad arte, ormai anche Fini lo dice, sebbene ne sia un artefice e dovrebbe, coerentemente, starsene zitto (molto meglio avrebbe fatto a svolgere un altro mestiere). Diventa lecito pensare, che i controlli sui migranti siano in misura nettamente superiore a quelli rivolti alle sole persone italiane. Nel 2008, il dato nazionale era di 32.5% di migranti arrestati contro il 67.5% di persone di nazionalità italiana.
  1. Negli anni ’80 e primi anni ’90, nelle città del Nord gli spacciatori al dettaglio erano spesso di origine meridionale, non per questo, ad eccezione di poche persone ignoranti (leggi leghisti) si è tentato di criminalizzare o stigmatizzare chi proveniva dal sud Italia. Schiere di intellettuali e politici hanno sempre tirato fuori questioni di disparità sociale uniti a fattori culturali. Questi ultimi non trovano riscontro nei paesi d’origine dei nostri immigrati, dove spesso i fenomeni mafiosi cui noi siamo abituati non esistono. E’ vero che una parte molto esigua di immigrati ha sostituito gli italiani nella conduzione dello spaccio al dettaglio, ma viene da chiedersi quanto questa minoranza sia vittima o artefice delle proprie scelte. Quest’ultima considerazione non ha affatto un intento assolutorio ma piuttosto cerca di far emergere degli elementi di realtà assolutamente necessari nel momento in cui si presentano dei dati che senza un’accurata analisi rischiano di condurre a conclusioni errate. E’ risaputo che le mafie, in genere, per poter svolgere i loro traffici hanno assoluto bisogno di persone immerse in una condizione di povertà, spesso estrema, da cui attingere per reclutare nuove leve. Ciò non è affatto di esclusivo appannaggio delle mafie nostrane ma viene ad esempio rilevato anche nel caso delle Triadi cinesi: è in conseguenza dell’esodo forzato ad Hong Kong e Taiwan, successivo alla vittoria dei maoisti che queste hanno potuto rinfoltire le proprie schiere con i profughi provenienti dalla Cina.

Per combattere i fenomeni mafiosi sarebbero necessari interventi a garanzia dell’unica sicurezza possibile, quella sociale. Oggi la scelta sembra essere quella di utilizzare ogni strumento di repressione a disposizione (la legge Fini-Giovanardi non fa certo eccezione) per mantenere serrato il controllo sociale, criminalizzando e perseguendo ben determinate fasce di popolazione si concretizza ed accresce paura e discriminazione.

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