Ci sentiamo di dedicare questa seconda edizione del Critical Seeds a un caro amico, attivista e collaboratore, improvvisamente scomparso, che ha lasciato un vuoto difficile da colmare. Nessuna frase di circostanza: Joep Oomen storico coordinatore di Encod, la coalizione europea per una politica giusta ed efficace sulle droghe, era una persona vera che credeva nel suo lavoro. Credeva nell’umana possibilità di determinare i propri corpi, le proprie vite, le proprie scelte e per questo ha fatto della lotta antiproibizionista un impegno e una ragione di vita. Lo abbiamo conosciuto qualche anno fa durante una delle ultime Feste del Raccolto: sosteneva fortemente il paradigma della regolamentazione delle sostanze a partire dalla cannabis, il cui uso è oggi prevalente e normalizzato, attraverso il modello no profit dei Cannabis Social Club; una soluzione che egli stesso aveva attivamente contribuito a far nascere in Belgio e in Spagna e che si era impegnato a diffondere in tutta Europa.
Un modello – scomodo a molti – perché alternativo alle logiche speculative e in antitesi con il mercato nero delle mafie. Un mercato che in Italia è sostenuto da una politica istituzionale – da diverso tempo – priva di credibilità, responsabile di aver generato un livello di corruzione tale da far sì che, a livello mondiale, l’Indice Internazionale di Trasparenza ci releghi agli ultimi posti.
La recente Sessione Speciale delle Nazioni Unite sulla droga (Ungass) che ad aprile, a New York, ha anticipato l’appuntamento del 2019 sulla spinta dei governi latino-americani e di tutti quelli che, appurato il fallimento della “war on drugs” e sulla base dei recenti modelli di regolamentazione come quelli realizzati in Uruguay e Colorado, ma anche sull’esempio di politiche di depenalizzazione di successo, come in Portogallo, non ha, purtroppo, costituito alcun reale avanzamento: le convenzioni ONU non hanno subito le modifiche attese, permane la criminalizzazione di chi fa uso di droghe, cannabis in testa, e neppure la pena di morte, ancora vigente in alcuni Paesi per reati connessi alle droghe, ha trovato una condanna unanime.
Eppure il fallimento della “war on drugs” è palese: non possiamo più permetterci di sperperare ingenti risorse nell’inutile azione di contrasto che, al contrario anno dopo anno, contribuisce ad aumentare la disponibilità di sostanze in circolazione. Un affare per cui si è disposti a fare guerre e uccidere pur di accaparrarsi il mercato dello spaccio e che – ciò va rilevato – è entrato a pieno titolo nel calcolo del nostro PIL.
Droghe per cui si combatte e droghe usate per combattere, imposte a militari – regolari e “irregolari” – per aumentare le prestazioni e ottundere le coscienze in maniera che sia “più facile” uccidere; le stesse droghe per le quali, nel nostro agire quotidiano, siamo fortemente limitati nelle libertà individuali, sanzionati, arrestati e addirittura uccisi, con un accanimento senza senso nei confronti di un comportamento che, uomini e donne, ricercano fin dalle origini.
Queste forti contraddizioni sono state in grado di creare in anni di proibizionismo una “non cultura” dell’uso di sostanze, intrisa di finta ideologia e tesa a un rozzo profitto; pericolosa in quanto incapace di educare e proteggere chi ne fa uso. Tra inconcludenti proposte di legge, talvolta meri tentativi di “truffa”, movimenti che sostengono la logica del monopolio e del business, invitanti brand e false promesse, c’è ancora chi crede in una concreta liberazione della cannabis promossa e attuata dal basso. Un’azione tesa a compiere un significativo passo in direzione di un radicale miglioramento della qualità di vita dell’intera società. Non è concepibile promuovere educazione e fare prevenzione con i cani antidroga nelle scuole, così come non è possibile riempire le carceri di persone che usano droghe né interpretare l’uso di sostanze al pari di una malattia.
Riappropriamoci dell’autoproduzione della canapa e liberiamoci dal ricatto proibizionista!
Critical Seeds 2016– Domenica 15 Maggio dalle 15 alle 22
@CSOA Gabrio – Via Millio, 42