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Rapporto annuale della Direzione Antimafia

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“Davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro […] sia opportuna una depenalizzazione della materia”. La bomba la lancia la Direzione Nazionale Antimafia.

Il pool guidato da Franco Roberti ha presentato lo scorso 25 febbraio la sua relazione al Parlamento. Dietro la scrivania lo stesso procuratore generale, accompagnato dalla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi. Nel tomo, che consta di oltre 700 pagine, la svolta: l’ammissione del fallimento della repressione del mercato illegale di cannabinoidi e la secca apertura alla depenalizzazione del loro consumo.

Parole pesantissime, se considerato che non arrivano da chi ha sempre sostenuto con forza la necessità di liberalizzare e depenalizzare il consumo di marijuana&co. (vedi i Radicali) ma da chi è in prima linea nella battaglia quotidiana per far rispettare la normativa vigente. Una manciata di paginette, dalla 355 alla 360, che sono sfuggite alla maggior parte di coloro che hanno spulciato nel testo, ma che risultano esplosive.

La Dna sottolinea che il quantitativo sequestrato “è di almeno 10/20 volte inferiore a quello consumato”. Ci si trova, dunque, dinanzi a “un mercato che vende, approssimativamente, fra 1,5 e 3 milioni di Kg all’anno di cannabis”. Tradotto, sarebbero all’incirca 200 canne pro capite, anziani e giovanissimi compresi. Poi l’ammissione di sostanziale fallimento:

“Di fronte a numeri come quelli appena visti – e senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o anti-proibizionista che sia – si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva”.

Il punto, sottolinea l’Antimafia, è che “il sistema repressivo ed investigativo nazionale, che questo Ufficio osserva da una posizione privilegiata, è nella letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi”.

Insomma, “con le risorse attuali, non è né pensabile né auspicabile, non solo impegnare ulteriori mezzi ed uomini sul fronte anti-droga inteso in senso globale”. La Dna spiega che se si volessero spostare risorse e uomini per contrastare l’uso di marijuana e affini, “di conseguenza rimarrebbero “scoperte” e prive di risposta investigativa altre emergenze criminali virulente, quali quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di essere umani e di rifiuti, corruzione, ecc”.

Qual è la soluzione? La depenalizzazione. L’agenzia guidata da Roberti non lo fa capire tra le righe, ma lo dice chiaro e tondo:

“Davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia, tenendo conto del fatto che, nel bilanciamento di contrapposti interessi, si dovranno tenere presenti, da una parte, le modalità e le misure concretamente (e non astrattamente) più idonee a garantire, anche in questo ambito, il diritto alla salute dei cittadini (specie dei minori) e, dall’altra, le ricadute che la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite”.

Non solo. L’Antimafia equipara le droghe leggere a fumo e alcolici: “I dati statistici e quantitativi nudi e crudi, segnalano, in questo specifico ambito, l’affermarsi di un fenomeno oramai endemico, capillare e sviluppato ovunque, non dissimile, quanto a radicamento e diffusione sociale, a quello del consumo di sostanze lecite (ma, il cui abuso può del pari essere nocivo) quali tabacco ed alcool”.

Sarebbe dunque un harakiri “spostare risorse all’interno del medesimo fronte, vale a dire dal contrasto al traffico delle (letali) droghe pesanti al contrasto al traffico di droghe leggere”. La soluzione? Depenalizzarle. E no, non lo dice il solito Marco Pannella. Parole, nero su bianco, di una delle più alte e stimate autorità indipendenti dello stato italiano.


Torino, sì alla cannabis libera. E’ la prima tra le grandi città.

Immagine 004Fonte: Repubblica.it

Torino apre le porte alla cannabis, prima tra le grandi città d’Italia. Non che da oggi si possa consumare, produrre per il proprio uso e condividere tra amici la marijuana sul terrazzo di casa, come se si fosse a Montevideo o ad Amsterdam. Ma questo è il senso “politico” della richiesta, partita dalla Sala Rossa dopo il voto di ieri della Sala Rossa e indirizzata al Parlamento: “Passare da un impianto proibizionistico a uno di tipo legale della produzione e della distribuzione delle droghe leggere”. Il testo è quello partorito con un ordine del giorno proposto da Marco Grimaldi di Sel e dai consiglieri Silvio Viale, Luca Cassiani e Lucia Centillo del Pd.

Fino all’ultimo la legalizzazione in salsa torinese era in forse, sotto l’incognita del voto moderato e cattolico del Pd, mentre sembrava più possibile l’approvazione di una seconda mozione pro-cannabis che si limitava ad allargarne l’uso terapeutico. Alla fine il via libera è arrivato. Un po’ a sorpresa. Il Pd si è spaccato tra proibizionisti, astensionisti (tra questi anche il sindaco Fassino) e antiproibizionisti. Questi ultimi, per la verità, la maggior parte. Determinanti sono stati i voti favorevoli dei due Cinque stelle Chiara Appendino e Vittorio Bertola, aggiuntisi agli altri tredici consiglieri favorevoli del centrosinistra: oltre ai firmatari, Guido Alunno, Andrea Araldi, Mimmo Carretta, Gioacchino Cuntrò, Giusi La Ganga, Marta Levi, Laura Onofri, il capogruppo Michele Paolino e Beppe Sbriglio, ex Idv.

Grimaldi canta vittoria: “Torino è la prima grande città in Italia a pronunciarsi sull’abrogazione della legge Fini-Giovanardi e sulla legalizzazione delle cosiddette droghe leggere – dice – Vogliamo mettere fine alle politiche proibizionistiche che hanno solo regalato ai narcotrafficanti centinaia di miliardi di euro, e togliere dall’illegalità centinaia di migliaia di cittadini”. Il radicale Silvio Viale ricorda: “Già nel 1996 la Sala Rossa aveva votato un ordine del giorno: sono passati 17 anni ma la politica ha fatto l’opposto, ipocritamente”. Continue reading


Parlare di droghe e dipendenze online: nuovi luoghi di cura per un’utenza che cambia

chiara-cicalaFonte: Anima online

Le nuove tecnologie di comunicazione si fanno sempre più strada nel campo degli interventi per i consumi di sostanze e le dipendenze, dove ci si confronta con un fenomeno in evoluzione che richiede innovazioni e riadeguamenti continui. In Italia si stanno affermando alcune esperienze interessanti, che incoraggiano a proseguire lungo la direzione tracciata. Tra le altre cose, si rivelano preziose per garantire risposte alle richieste e ai bisogni di chi, per motivi a volte molto diversi, non accede, o accede con difficoltà, ai servizi più tradizionali. Offrire informazioni e consulenza online aiuta anche a limitare quel timore dello stigma, che non di rado contribuisce a tenere alcuni consumatori lontani dai servizi. 

Preciso che, quando parlo di interventi per  i consumi di droghe e le dipendenze, faccio riferimento ai servizi pubblici, quindi ai SerT (le strutture del SSN che erogano prestazioni gratuite per il trattamento, la prevenzione e la riabilitazione delle tossicodipendenze e del gioco d’azzardo patologico) ma, ancora di più, a un sistema di servizi per le dipendenze che, proprio grazie alle sue molte articolazioni, può rispondere a esigenze e bisogni complessi, diversificati e mutevoli. E infatti, da  molto tempo, nelle diverse realtà italiane, in quest’ottica di sistema pubblico si inaugurano progetti, servizi e interventi (spesso realizzati assieme al Terzo Settore) che vanno a integrarsi con quelli più noti e tradizionali come i SerT o gli Enti Accreditati quali le Comunità Terapeutiche.

Tra i tanti interventi indirizzati a un’utenza diversa da quella che si rivolge ai SerT, mi soffermo su due casi dove in particolare l’uso delle nuove tecnologie può offrire un supporto significativo. 

Il primo è rappresentato dagli interventi che raggiungono i consumatori di sostanze nei contesti del divertimento (feste, eventi musicali, discoteche, rave, ecc) e che anche in Italia vantano ormai una notevole esperienza. Sono complessi e richiedono alleanze con le diverse realtà del territorio, anche istituzionali. Équipe con formazione ed esperienza specifica allestiscono chill-out, offrono materiali informativi, strumenti per il consumo sicuro e per il sesso sicuro, counseling adeguato al contesto, a volte un primo soccorso in situazioni di emergenza. La gran parte delle persone raggiunte tramite questi interventi abitualmente non accede al SerT e, semplificando un po’, questo accade perché fa un consumo non dipendente e non così problematico da rendere opportuno un trattamento. Si tratta spesso di giovani, che usano molte e diverse sostanze, tra cui possono rientrare droghe “pesanti” come eroina e cocaina, ma facendone un uso complessivamente compatibile con il mantenimento di spazi prioritari per gli studi, il lavoro, lo sport, i legami affettivi, ecc. Ciò non significa che non corrano rischi, e gli interventi nei contesti del divertimento mirano proprio a prevenire e ridurre i rischi specifici di questi modelli di consumo di sostanze. Ad esempio, i rischi connessi: ai mix tra droghe, all’uso in contesti insicuri, alla guida sotto effetto di alcol e stupefacenti, all’illegalità, al consumo di sostanze di cui si ha poca esperienza e di cui non si conosce la reale composizione e così via.  Continue reading


Bollettino Encod n° 118

CSCFonte: Encod Italia

Il quattro novembre, la maggioranza degli elettori degli stati americani dell’Alaska, e dell’Oregon hanno votato per la legalizzazione della cannabis. Ora, sono quattro gli stati Usa che hanno legalizzato la cannabis. In genere, ci si attende che l’Europa segua l’esempio americano, specialmente ora che sta diventando chiaro quanto denaro si possa fare con la pianta ma proprio questo rappresenta una minaccia alla “vera” cultura della cannabis.

L’annuale High Times Cannabis Cup di Amsterdam ha, per certi versi, simbolicamente rappresentato  il crescente gap tra il vecchio e il nuovo mondo. Per la prima volta in 27 anni si è rivelato impossibile organizzare la tradizionale fiera. I 44 venditori che erano pronti a installare i loro stands, il 23 novembre sono stati avvisati di dover fare le valigie. La città di Amsterdam aveva dichiarato che ci sarebbe stato un massiccio raid della polizia se l’expo fosse continuato. La maggior parte dei venditori aveva viaggiato migliaia di chilometri per partecipare.

Tra i respinti vi era anche l’organizzazione olandese VOC (Unione per l’abolizione della proibizione della cannabis), i cui attivisti hanno inscenato una protesta durante le cerimonie finali al Melkweg.

Gli attivisti della VOC hanno parlato con innumerevoli partecipanti e giornalisti durante la settimana del Cannabis Cup, su come non riuscissero a capacitarsi del fatto che la politica sulle droghe olandese fosse diventata tanto rigida e repressiva, proprio nel momento in cui gli Stati Uniti stanno optando per la legalizzazione. Nello stesso giorno in cui gli elettori di Alaska e Oregon hanno legalizzato la cannabis, la Eerste Kamer (il Senato Olandese) ha varato una nuova legge che vieta ogni tipo di preparazione o facilitazione della produzione di cannabis.

Il mese scorso, il programma televisivo olandese ’Tegenlicht’(controluce) mostrava come sia esattamente questa facilitazione a costituire un mercato largamente in crescita in Colorado. Centinaia di imprese commerciali legate alla cannabis sono spuntate nel corso degli ultimi anni e cresciute in maniera esplosiva. Nel suo report sul Colorado, Ty Hubbard di Greenlabs spiega: ’La maggior parte delle persone non necessariamente coltiva o vende, ma ha a che fare con attività economiche periferiche, sia nel campo del merchandising oppure, come Adam che opera un gradino sopra, vendendo vestiti di canapa. Per ironia della sorte: Adam Dunn é scappato dagli Stati Uniti ad Amsterdam negli anni Novanta. Di ritorno nel paese natio, ora prevede, come nel giro di tre anni, l’ottanta percento degli stati avrà legalizzato la cannabis dopo che il governo federale ne avrà cancellato il divieto. Continue reading


Quinto Libro Bianco Fini-Giovanardi

Quinto libro bianco fini-giovanardi

 Scarica il 5° Libro Bianco

Forze dell’ordine che implementano un modello puramente repressivo a fronte di reati di lieve entità. Aumento delle carcerazioni per reati di droga e passaggio obbligatorio dal carcere anche nel caso di misure alternative. Una crociata anti-cannabis sempre più palese e un evidente tentativo di punire stili di vita ritenuti devianti. Una mole assurda di denaro destinato ai controlli e strappato ai programmi di prevenzione, a fronte di risultati nei test su strada e sul lavoro che smentiscono la pandemia propagandata dal DPA. Rifiuto della riduzione del danno, a partire dal lessico. Questo, in sintesi, il risultato dell’indagine condotta da Forum Droghe, CNCA, Antigone e Società della Ragione e giunta alla sua quinta edizione, che mostra i danni provocati da sette anni di applicazione della Fini-Giovanardi.

Quando si rompe un vaso rimangono i cocci, così, quando una legge viene definita illegale, come nel caso della Fini-Giovanardi, si possono seguire due strade: l’una, tentando di riattaccare i cocci come la ministra Lorenzin ha provato a fare col suo decreto, senza peraltro riuscirvi; l’altra spazzando via i cocci, cosa difficile da fare e che richiede ancor più perizia.
Già, perché in questo caso, i cocci sono la metafora di quell’ideologia che ha generato inutili e dannose logiche securitarie attuate con i controlli, repressione e carcerazioni. Operazione ardua perché le energie che le hanno generate sono tutt’altro che finite e perché lungo questi sette anni, molti hanno aderito a un impianto costruito col riduzionismo e le mistificazioni scientifiche.

Ingressi in carcere
A partire da chi la legge la deve far rispettare e che sempre più si è sentito legittimato nella pratica della caccia alle persone che usano sostanze. L’assurdo, poi, sta nel fatto che mai l’uso di sostanze illegali ha rappresentato un reato, nemmeno quando era in vigore la Fini-Giovanardi. Eppure, il carcere, ancora rappresenta una risposta per chi ha problemi di dipendenza.
Lo stigma, nei confronti di chi usa sostanze, non è solo aumentato ma convenientemente alimentato, generando comportamenti che in un numero di casi assolutamente inaccettabile hanno portato alla morte violenta di coloro i quali erano stati fermati e arrestati.

Si arriva a capire quanta perizia sia necessaria per un reale cambiamento proprio quando ci si accorge del contenuto del vaso, formato di tutte quelle persone la cui esistenza è stata variamente fatta a pezzettini da una legge illegale. Alcuni – lo abbiamo detto – non ci sono più, per gli altri non è per nulla semplice, tantomeno per quelli che riusciranno a uscire dal carcere.
Art 73 e 74Apprendiamo – una conferma – dell’aumento di persone segnalate, soprattutto e sempre più per l’uso di cannabis. Una droga che compromette il cervello in modo permanente – che, se fosse vero – il DPA dovrebbe perlomeno essere una fumeria. E invece, niente! Né Serpelloni né Giovanardi pare ne hanno mai fatto uso: questo già basterebbe a scagionare chi invece sceglie di farne. Non basta, quasi la metà delle denunce per violazione all’art. 73 è per cannabis.

La preoccupazione più grande, oltre a non avere ancora una moderna legge sulle droghe al passo con le evidenze scientifiche, che dia il giusto peso all’efficacia dimostrata dalla riduzione del danno e sia realmente orientata alla depenalizzazione, riguarda la necessità, ormai improrogabile, di un cambiamento culturale. Lo sviluppo, cioè, di una riflessione collettiva sul peso che ha l’adozione settennale di leggi illegali e l’importanza, su tutto, della vita e delle scelte delle persone rispetto a norme ideologiche davvero poco distanti da quell’approccio pseudo-religioso col quale furono condotte le antiche crociate.


Tempi duri per i coltivatori di cannabis canadesi

OLYMPUS DIGITAL CAMERALink: The Economist

La British Columbia (BC), provincia del Canada, ha una certa reputazione tra gli intenditori riguardo alla produzione di cannabis di una certa potenza. L’atteggiamento accomodante di Vancouver verso la marijuana ha fatto sì che si guadagnasse il soprannome di Vansterdam. Il retro della medaglia di tutto ciò è costituito dal fatto che la provincia canadese ha costruito un business molto fiorente sull’export di marijuana stimato in 2 miliardi di dollari l’anno canadesi (1,9 miliardi dollari USA), secondo Stephen Easton, economista presso l’Istituto Fraser. Ma a tale industria è stata inferta un duro colpo dalla legalizzazione della marijuana realizzatasi a sud del confine.

La legislazione che approva l’uso di marijuana medicinale ha aiutato ad abbassare i prezzi negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni. La recente legalizzazione del consumo di marijuana per uso ricreativo negli stati del Colorado e di Washington ha aggiunto pressione al ribasso dei prezzi. La produzione locale è dilagata: ci sono circa 1.000 impianti di coltivazione autorizzati solo nel Colorado. I punti vendita a Washington hanno aperto ai primi di luglio. Un chilo di cannabis costa 2.000 dollari sul mercato all’ingrosso degli Stati Uniti, dicono gli addetti ai lavori, ma il prezzo, in alcune zone, è addirittura la metà.

L’aumento della produzione negli Stati Uniti, ha spinto i prezzi verso il basso, non giustificando più il rischio di contrabbando di erba dal Canada. “Le esportazioni hanno avuto un enorme successo”, dice Jodie Emery, un avvocato che si occupa di questioni legali inerenti la marijuana in BC. Suo marito, Marc, sta scontando una condanna a cinque anni a Yazoo City, in Mississippi per la gestione di un business di semi di marijuana ordinati via mail. La marijuana a buon mercato coltivata all’aperto in Messico è l’unica importazione che sta tenendo, afferma Emery dal carcere. Continue reading


L’offerta di droghe si moltiplica sulla Rete Oscura

bitcoin640-629x472Fonte: Inter Press Service

“I nuovi mercati che hanno sostituito Silk Road possono ora crittografare tutte le comunicazioni e utilizzare tecniche avanzate per il riciclaggio dei bitcoin utilizzate nelle operazioni di transazione” – Prof. David Hetu

NAZIONI UNITE, 3 luglio 2014 (cos’è la Inter Press Service) – Nei suoi due anni di attività, il mercato online Silk Road ha rastrellato 1,2 miliardi di dollari di fatturato e accumulato circa 200.000 utenti registrati – una storia di successo che sarebbe il sogno di qualsiasi start-up.

Il sito è stato chiuso dall’FBI lo scorso ottobre,  essenzialmente con l’accusa di essere  l’Amazon.com delle droghe illegali, mettendo in luce la crescente sofisticazione di un cyber commercio di droga, che offre un anonimato high-tech sia ai compratori che ai rivenditori.

Nel suo World Drug Report 2014 pubblicato la scorsa settimana, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC) avverte che la vendita di droghe illecite on-line porrà sfide uniche per ciò che concerne l’applicazione della legge.

“Il mercato online di droghe illecite sta diventando sempre più grande e più sfacciato”, ha detto. “Se continua la passata tendenza, ha il potenziale per diventare un mezzo di traffico di sostanze incontrollate negli anni a venire.”

La crescita del traffico di droga on-line è andata di pari passo con i progressi della tecnologia. L’esame dell’UNODC dei dati del sequestro di droga a livello mondiale mostra che i sequestri di cannabis tramite il servizio postale è aumentato del 300 % nel decennio 2000-2011. Continue reading


Support. Don’t Punish.

Support dont punish logo

Link: Support.Don’t Punish.

Giovedi 26 Giugno 2014, seconda “Giornata di Azione Globale Un’occasione per sottolineare pubblicamente come le persone che fanno uso di droghe continuino a essere abusate, stigmatizzate, torturate, picchiate e persino uccise in nome della “guerra alla droga”.

Non possono più  essere ignorati i rischi evidenti cui vanno incontro le persone che si iniettano droghe.

SUPPORTA. NON PUNIRE.

Campagna di sensibilizzazione globale per aumentare la consapevolezza dei danni causati dalla criminalizzazione delle persone che fanno uso di droghe.

 


Quando la realtà supera la fantasia

La realtà supera la fantasia raggiungendo il grottesco nelle dichiarazioni dei senatori Razzi e Giovanardi, L’Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze e Claudia Sterzi

Razzi-MINIFonte: Million Marijuana March

Quando la realtà supera la fantasia, il Senatore Razzi riesce a essere addirittura più caricaturale della sua caricatura, scavalcando l’interpretazione del bravissimo Crozza; ecco cosa afferma il fine pensatore Razzi (quello vero) sulla legge Fini-Giovanardi nel corso di una puntata del programma televisivo ServizioPubblico.

Un’altra chicca demenziale compare nel seguente video di due minuti sul convegno di chiara matrice proibizionista organizzato da EOS Luiss: “Droghe leggere in Italia, tra libertà personale e tutela della salute”.

Allo stesso tavolo, ci erudiscono sul tema, oltre all’immancabile Giovanardi con le solite grottesche e fantascientifiche visioni sui danni cerebrali della Cannabis, il Dott. Massimo Canu direttore della Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze (versione romana del DPA serpelloniano), Giuseppe Verneri dell’Ass. EOS Luiss e l’antiproibizionista Claudia Sterzi presidente dell’Associazione Radicale Antiproibizionista (ARA).

Claudia Sterzi, dal minuto 1:14 al minuto 1:29, in 15 secondi ci informa che (trascrizione testuale):

…il danno economico quale potrebbe essere? Quando le sostanze fossero legali e quindi controllate, i costi per la salute sono più o meno quelli, come abbiamo detto, che poi ci sono per la cattiva nutrizione, per l’alcol, per il tabacco…

Perfetto, allora evidentemente l’OMS mente quando afferma che le due sostanze, sebbene legali, che in assoluto producono più morti della somma di tutte le altre sostanze illegali e legali, sono proprio l’alcol e il tabacco! Meno male che è antiproibizionista, neanche Serpelloni è mai giunto a tanto…

La ACT (Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze) già in passato aveva fatto parlare di sé – o forse sarebbe più corretto dire: “ridere di sé” – con la campagna “#MOLTOMEGLIO…”, della quale non si comprendono nè il senso nè la finalità. Unico effetto certo è che ha provocato in rete un’enormità di battute con i suoi manifesti demenziali pagati con denaro pubblico. Continue reading


ACIDTEKNO Night- Benefit arresti, Sab 7/6@ Hell Chuncho occupato – Torino

Hell Chuncho 07-06-14